La gengivostomatite cronica felina è un’infiammazione cronica persistente della mucosa orale e della gengiva, che colpisce comunemente i gatti adulti. Pur potendo interessare tutti i gatti, si manifesta in modo più precoce e grave nei soggetti di razza pura (Siamese, Abissino, Persiano, Himalayano, Burmese).
I gatti colpiti da questa patologia presentano lesioni e infiammazioni, soprattutto sulle gengive, sulla mucosa buccale, sulla lingua e sulla mucosa delle guance, e il loro atteggiamento è caratterizzato da una sensazione di dolore più o meno forte e che si manifesta soprattutto quando tentano di alimentarsi. Normalmente si avvicinano al cibo, cercando di mangiare o molto lentamente ma anche molto velocemente, senza masticare, in modo da ridurre al minimo il contatto del cibo sulle parti dolenti. Talvolta possono urlare di dolore. Nei casi più gravi e se la malattia diventa cronica si può giungere all’anoressia.
Altri segnali di una gengivostomatite:
- alito cattivo
- dimagrimento
- presenza di saliva agli angoli della bocca
- riluttanza a farsi accarezzare il muso
- disordini comportamentali (es. riluttanza alla quotidiana pulizia attraverso il leccamento, aggressività)
Le cause di questa malattia non sono definitivamente accertate e viene considerata una patologia multifattoriale. Finora sono stati chiamati come possibili cause batteri della placca e virus (calicivirus, herpesvirus, Felv -virus della leucemia felina, Filv – virus dell’immunodeficienza felina, coronavirus).
Cosa fare?
Ad oggi non è stato ancora possibile individuare un’unica terapia efficace e duratura. Tuttavia vengono utilizzate numerose terapie mediche (antibiotici, cortisonici, interferone, ciclosporine ecc.). La riduzione della carica batterica presente nel cavo orale resta, comunque, uno dei punti basilari del trattamento. Qualora il controllo della placca non risulti possibile attraverso una profilassi professionale, accompagnata da un’accurata igiene domiciliare, si deve optare per la chirurgia. Allo stato attuale, l’estrazione dei denti sembra essere la terapia più efficace: l’assenza di denti non permette la formazione della placca riducendo quindi lo stimolo infiammatorio cronico. Un’alta percentuale di soggetti trattati con l’estrazione completa o parziale degli elementi dentali riesce a condurre una vita normale, senza necessità di altri trattamenti medici. Sbagliato, invece, è trattare questa malattia con terapie cortisoniche ed antibiotiche protratte nel tempo.
(Roberta Diglio)