Articolo dell’avv. Elisa Scarpino, Ufficio Legale della Lega nazionale per la difesa del cane (Lndc)

Sebbene non esista un esplicito divieto nella vendita di questo strumento, l’orientamento che si è formato nella giurisprudenza ormai costante è quello di ritenere il suo utilizzo un reato sia nel caso di un generico collare elettrico che nell’ipotesi di uno specifico collare elettrico antiabbaio.

Quali sono le principali differenze fra le due tipologie? Il collare elettrico è in grado di trasmettere scosse di variabile intensità e durata al collo del cane (con una potenza minima di 20 watt e possibili diversi livelli di scosse crescenti per potenza) mediante la presenza di due elettrodi realizzati in metallo a diretto contatto con la pelle del cane. L’uso di un telecomando permette di raggiungere una portata ampia, anche sino a due chilometri, e d’inviare il comando nell’istante voluto.

Il collare elettrico antiabbaio ha l’ulteriore capacità di individuare le vibrazioni che vengono diffuse dalle corde vocali dell’animale nel momento in cui inizia ad abbaiare. Ogni qualvolta, quindi, che il cane emette tali vibrazioni ecco che riceve una scossa elettrica sul collo fino a quando non cessa l’abbaio.

Con riguardo a quest’ultima ipotesi, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 38034 del 17 settembre 2013, ha respinto il ricorso di un trentottenne avverso la decisione del Tribunale di Rovereto che lo ha ritenuto colpevole per aver detenuto il cane in condizioni incompatibili con la sua natura e produttive di gravi sofferenze, attraverso l’uso del collare elettrico per reprimere comportamenti molesti quali l’abbaio, confermando la condanna per il reato di cui all’art. 727, comma II, c.p. La Corte ha, quindi, ritenuto illegittimo e punibile l’uso del collare antiabbaio in quanto strumento invasivo e doloroso nonché contrario alla natura del cane. Questo perché il dispositivo “si fonda sulla produzione di scosse o altri impulsi elettrici che tramite un comando a distanza si trasmettono all’animale provocando reazioni varie. Trattasi in sostanza di un addestramento basato esclusivamente sul dolore, lieve o forte che sia, e che incide sull’integrità psicofisica del cane poiché la somministrazione di scariche elettriche per condizionarne i riflessi e indurlo tramite stimoli dolorosi ai comportamenti desiderati produce effetti collaterali quali paura, ansia, depressione e anche aggressività. L’uso di tale collare produce effetti difficilmente valutabili sul comportamento dell’animale, talvolta reversibili, altre volte permanenti, ma comunque considerabili maltrattamento”.

La terza sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21932 del 2016 si è espressa, invece, sull’utilizzo del collare elettrico al fine dell’addestramento nell’attività venatoria, considerando la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 727, comma II, c.p.

Secondo le pronunce della Suprema Corte, l’utilizzo del collare elettrico, quale ne sia la sua funzione, costituisce, una forma di addestramento fondata su uno stimolo doloroso, produttivo di sofferenze e di conseguenze anche sul sistema nervoso dell’animale in quanto volto ad addestrarlo attraverso la sofferenza e lo spavento, e tale, dunque, da incidere sull’integrità psicofisica dell’animale.

Comportamenti eventualmente ritenuti molesti possono trovare adeguata correzione in trattamenti educativi etologicamente informati e quindi privi di ogni forma di violenza o accanimento (Cass. pen., Sez. III, sentenza n. 43230 del 12 novembre 2002).

(Fonte: Lega nazionale per la difesa del cane)

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