Tigri in serio pericolo. La popolazione di tigri selvatiche è diminuita del 97% negli ultimi cento anni e potrebbe sparire del tutto nel prossimo decennio se non si invertirà velocemente la tendenza. A minacciarle, soprattutto il bracconaggio: insieme con avorio e corno di rinoceronte, la pelliccia e le ossa di tigre sono molto richieste in tutta l’Asia.
Nel giorno dedicato alla Tigre, il Tiger Day 2014, il Wwf ricorda le statistiche del Network Traffic, la rete di monitoraggio del commercio della fauna selvatica, secondo i quali almeno 1.590 tigri sono stati gli esemplari scomparsi tra gennaio 2000 e aprile 2014: una media di due animali uccisi a settimana. Ma si temono numeri significativamente più alti perché, per sua natura, il mercato illegale sfugge ai controlli. È proprio la mancanza di informazioni precise sullo status delle popolazioni a impedire, denuncia il Wwf, la definzione di azioni urgenti e inderogabili per tutelare la specie.
A San Pietroburgo durante il ‘Summit Tiger‘ 2010, quando tutti i Paesi ancora interessati alla presenza della tigre si sono impegnati per l’obiettivo «Tx2» (raddoppiare il numero delle tigri selvatiche entro il 2022), la popolazione mondiale di tigre selvatica era stata stimata in un minimo di 3.200 individui. Ma si trattava «solo di una stima», precisa Michael Baltzer, capo della Wwf Tigers Alive Initiative. «Nel 2010 molti Paesi non avevano intrapreso sistematiche indagini nazionali sulla tigre. Ora molti lo hanno fatto o lo stanno facendo, ma non tutti, lasciando grandi vuoti nella nostra conoscenza e dubbi sul reale status che sembra ogni giorno sempre più grave. Fino a quando non sapremo quante tigri esistono e dove sono, non possiamo sapere il modo migliore per proteggerle».
Attualmente il numero delle tigri selvatiche sono noti per India, Nepal e Russia che svolgono indagini nazionali periodiche nel rispetto anche degli impegni presi. I numeri saranno presto noti per il Bhutan, Bangladesh e Cina, che sono in procinto di effettuare indagini ma non ci sono dati su Malesia, Indonesia, Thailandia, Myanmar, Laos, Cambogia e Vietnam.
Nelle foreste del Laos come del Vietnam il ruggito della tigre è sempre più debole, questi Paesi così come tutti gli altri del Sud Est asiatico stanno assistendo ad una rapido depauperamento delle loro risorse, intere foreste stanno sparendo per sopperire alla domanda globale dell’industria del legname o per la crescita della agricoltura, inoltre proprio attraverso questi due Paesi passano importanti rotte del commercio illegale verso la Cina per i prodotti del «wildlife».
Il Wwf chiede a questi Paesi di effettuare indagini e alla comunità internazionale, in particolare a quei governi che hanno rapporti commerciali con questi Paesi, un impegno per salvaguardare e gestire con responsabilità ed in maniera sostenibile le risorse di quegli Stati. Occorrono dai 6 ai 12 mesi per pianificare indagini nazionali sistematiche e almeno un anno per completarle: per questo bisogna agire subito per avere un dato aggiornato sul numero globale di tigri in natura nel 2016, data a metà strada verso l’obiettivo «Tx2» al 2022. «Siamo a più di un terzo della strada per il 2022. Dobbiamo passare ad un ritmo più veloce e determinato se speriamo di raggiungere l’obiettivo Tx2», conclude Baltzer.