Dieci regole per una gestione corretta e una convivenza pacifica con l’uomo. La Lipu-BirdLife presenta un decalogo per convivere serenamente con il piccione di città (Columba livia forma domestica): una sorta di manuale per la gestione di questa specie presente da tempo accanto all’uomo e nidificante con grandi numeri nella quasi totalità delle città italiane.
“Addomesticato migliaia di anni fa, utilizzato per scopi alimentari o di comunicazione, oggi il piccione, a causa di un incremento demografico nel secondo dopoguerra (dopo la fuga dagli allevamenti o l’abbandono da parte dell’uomo) sta creando qualche problema di convivenza, soprattutto nelle città”, afferma la Lipu. “In alcuni casi il piccione viene ritenuto responsabile di sporcare marciapiedi, edifici e monumenti storici e artistici, ma anche di causare danni alle produzioni agricole o di interferire col traffico aeroportuale (rischi di birdstrike). Situazioni affrontate troppo spesso dalle istituzioni con provvedimenti emergenziali e sostanzialmente inutili, oltre che irrispettosi del benessere degli animali e degli equilibri ecologici (come la falconeria) quando non addirittura violenti (come le uccisioni o gli avvelenamenti diretti)”.
Aggiornando e integrando un documento diffuso in passato, la Lipu ha realizzato un documento da cui è possibile estrarre una sorta di decalogo per una gestione corretta della specie, dieci regole per le istituzioni e per le persone affinché si possa arrivare a una “pacifica e duratura convivenza”, nel rispetto delle esigenze di decoro e igiene urbana ma anche degli animali e delle loro esigenze ecologiche.
“Il nostro documento si basa su tre messaggi basilari per una corretta gestione del piccione, da cui derivano le regole che vogliamo diffondere”, afferma Fulvio Mamone Capria, presidente della
Lipu. “Il primo riguarda il comportamento dell’uomo, il secondo l’esigenza di una strategia integrata, che coinvolga operatori, cittadini e istituzioni, e il terzo la necessità specifica di ridurre i siti di nidificazione e il cibo a disposizione della specie, che non dà veri benefici ai piccioni e anzi, paradossalmente, può creare loro problemi. Solo così si possono ottenere buoni risultati e una gestione soddisfacente per tutti”.
Nel decalogo della Lipu, basato su evidenze scientifiche, studi e ricerche effettuate in più parti d’Italia e pareri internazionali, sono diverse le tecniche di gestione e le linee di intervento indicate.
Tra i metodi consigliati:
1) la progettazione architettonica consapevole, ossia la realizzazione di edifici che non incentivino la presenza e la nidificazione del piccione senza impedire l’accesso ad altre specie come rondoni, passeri, rapaci e pipistrelli;
2) l’utilizzo di dissuasori di appoggio incruenti e adatti al particolare architettonico;
3) l’uso di reti antintrusione per impedire l’accesso dei piccioni in balconi, capannoni, cortili, porticati e torri campanarie, fatto salvo il periodo riproduttivo e senza impedire ad altre specie (rondoni, passeri, codirossi e pipistrelli) l’accesso a tali aree;
4) la gestione dell’alimentazione, che stabilisca limiti alla somministrazione di cibo aggiuntivo e poco nutriente (come pane e pasta), per migliorare lo smaltimento dei rifiuti e l’igiene pubblica e considerato che il piccione trova già nelle città e nelle aree circostanti cibo in abbondanza;
5) campagne d’informazione e sensibilizzazione verso pubblico e operatori, basati su dati etici, contenuti tecnici e scientifici;
6) l’incremento dei predatori naturali, tramite l’installazione di nidi artificiali per il falco pellegrino e l’allocco (rapaci presenti nelle città) o la taccola;
7) l’allestimento di colombaie nei parchi urbani, gestite direttamente dai Comuni, che possano dare soddisfazione ai colombofilisenza creare problemi alla città, permettendo anche il controllo sanitario;
8) l’effettuazione di censimenti e monitoraggi, fondamentali per un’efficace strategia di gestione del piccione;
9) il miglioramento dell’igiene pubblica;
10) l’utilizzo, in ambiti diversi da quelli urbani, di deterrenti ottici e integrati, ad esempio negli aeroporti e per la prevenzione dei danni in agricoltura.
Non consigliati le catture e gli abbattimenti, il trasferimento degli esemplari, la sterilizzazione chimica e la falconeria. “Quest’ultima, oltre che essere eticamente inaccettabile”, spiega il presidente Lipu, “si basa sul presupposto errato che la preda abbandoni l’area in presenza del predatore. Semmai, la preda si limita a nascondersi alla sua vista, per poi tornare a frequentare l’area e anche a nidificarvi, come dimostrano i nidi che il piccione ha realizzato in città anche nei pressi di quelli costruiti dal falco pellegrino”.
2 COMMENTS
Nicky
Avrei qualche domanda da porre sui piccioni.
Avevo già tentato di postare ma senza successo.
Recentemente mi è capitato di passare accanto a un signore che voleva raccogliere un piccione, mi ha spiegato che voleva liberarlo da dei fili che gli costringevano le gambe. Ma mentre lo sollevava il colombo ha cominciato a vomitare, a questa vista ho pregato il signore di rimetterlo a terra perché stava soffrendo, ma egli pacatamente era deciso nell’operazione.
In effetti il colombo aveva le zampette strettamente avvolte da dei filamenti, che persino legavano le zampette tra loro, per cui l’animale non poteva compiere un ampio passo.
Allora mi sono offerta di chiedere delle forbicine in un esercizio commerciale vicino, e con quelle, mentre l’uomo teneva il piccione, piano piano ho tagliato i fili, prima di una zampetta e poi dell’altra, riuscendo a liberarle perfettamente senza la minima scalfittura.
Con soddisfazione abbiamo rimesso a terra il piccione, ma questi ha fatto alcuni passi verso un’angolo di un portone vicino, e lì si è incassato in sé stesso, con l’aria che hanno questi volatili quando sembrano dover morire.
Quando sono ripassata due giorni dopo era sempre lì, morto.
Perché è morto? Ha inciso il fatto che il vomito era finito anche sopra il becco ricoprendolo alla base o è morto per lo spavento?
E se si incontrano altri colombi con questi problemi si può tentare di soccorrerli? E come?
Redazione
Ti consigliamo di rivolgere queste domanda agli specialisti del Centro recupero Lipu Roma:
crfs.roma@lipu.it