Conosciamo numeri e cause dell’inquinamento atmosferico sulla salute dell’uomo, compreso il dato assoluto che registra sette milioni di vittime l’anno nel mondo. Restano invece non monitorate le malattie e la mortalità di degli animali, che con noi condividono monossido di carbonio, ossidi di azoto, anidride solforosa, ozono o metalli pesanti. Mammiferi, anfibi, rettili e uccelli non sono immuni dalle sostanze tossiche che si depositano nell’ambiente.
La scienza non è ancora in possesso di dati globali che possano supportare la conservazione delle specie più colpite, ma in uno studio pubblicato da Enviromental Research Letters alcuni ricercatori hanno individuato le ‘sentinelle’ in grado di dire molto sulla qualità dell’aria che umani e animali respirano: gli uccelli.
A fare il punto sul tema è stato il Parco Natura Viva nella Giornata Mondiale dell’Ambiente. “Il sistema respiratorio degli uccelli, al contrario del nostro, non prevede l’inspirazione e l’espirazione ma un flusso unidirezionale dell’aria”, spiega Cesare Avesani Zaborra, direttore scientifico del Parco Natura Viva. “Se questo è utilissimo ai fini di un vantaggio energetico in volo, diventa anche un’efficacia fatale in presenza di alti tassi d’inquinamento”.
Gli uccelli come avamposti della qualità dell’aria dunque, che manifestano conseguenze diverse a seconda della specie e dell’esposizione.
“Lo studio ha messo insieme le pubblicazioni scientifiche esistenti sull’argomento dagli anni Cinquanta a oggi e ha costituito una base di partenza per nuove necessarie indagini” prosegue Avesani Zaborra. “Quello che già conosciamo”, evidenzia Avesani Zaborra, “è sicuramente l’impatto del particolato e dei gas sul sistema respiratorio degli animali, ma è necessario indagare più a fondo molti altri aspetti come la risposta del sistema immunitario, le
mutazioni genetiche, le alterazioni comportamentali e la compromissione del successo riproduttivo”.
Alcune indagini degli anni Novanta svolte su piccoli migratori già evidenziavano un volume ridotto e un guscio più sottile delle uova deposte nei nidi costruiti nei pressi di siti industriali, che risultavano anche più ruvide e porose rispetto a quelle deposte in nidi distanti dieci chilometri.
L’acidificazione dei bacini idrici a causa dell’assorbimento di anidride carbonica dall’atmosfera ha già iniziato a compromettere barriere coralline e intere popolazioni di pesci mentre molte altre sostanze tossiche stanno compromettendo il ciclo fisiologico delle piante, dalle quali molte specie animali dipendono. Insomma, sottolinea il naturalista, “si tratta di un’emergenza globale, che non fa differenze geografiche né di specie”.
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