All’inizio del Novecento nell’area che poi sarebbe diventata il futuro Parco Nazionale d’Abruzzo sopravvivevano poco più di 30 esemplari di camoscio appenninico, un numero troppo esiguo per garantire la sopravvivenza della specie. Specie endemica, che si trova cioè esclusivamente nel nostro Appennino e in nessun altra parte del mondo. Per fortuna, però, le cose sono andate diversamente.
Nel 2015 la popolazione nei parchi dove vive questa specie di camoscio (Majella; Abruzzo, Lazio e Molise; Gran Sasso Monti della Laga; Monti Sibillini, Sirente Velino) ha superto i 2700 esemplari, con un incremento del 45% rispetto all’anno precedente. E gli esperti ritengono che il numero sia sottostimato. Una buona notizia con cui festeggiare il Camoscio Day del 29 luglio, data in cui, 25 anni fa, venne lanciato l’obiettivo 2000-2000-2000: ripopolare l’Appennino centrale con almeno duemila camosci, oltre i 2000 metri d’altitudine, entro gli anni 2000.
Il Camoscio Day coincide anche con l’ultima tappa della “Carovana del camoscio appenninico”, campagna itinerante di Legambiente che a Farindola, nel Parco Nazionale del Gran Sasso Monti della Laga, dedicherà un intero fine settimana al camoscio. E per l’occasione sarà firmata la Carta di Farindola per la tutela del camoscio, per rinsaldare la collaborazione tra i Parchi e le Comunità locali.
La strategia di conservazione del camoscio nei parchi dell’appennino centrale può anche essere considerata un caso esemplare di successo della ricerca made in Italy all’interno dei Parchi, perché sono state sperimentate alcune tecniche di cattura e rilascio, totalmente innovative e mai usate prima su questa specie: le box trap e le up-net. Si tratta di dispositivi per catture “collettive” che hanno il vantaggio di trasferire un certo numero di animali simultaneamente, condizione favorevole per il trasferimento in nuove aree di animali che vivono in gruppo.
Ed ecco alcuni dati sulla presenza dei camosci, parco per parco. Nel Parco della Majella c’è la più grande popolazione di camosci appenninici al mondo: più di 1100. Un centinaio vivono nel Parco dei Monti Sibillini; nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise gli ultimi dati disponibili (autunno 2015) indicano la presenza di 523 individui in quella che è ricordata come la colonia madre, unica area al mondo da dove questo animale non è mai scomparso.
Nella colonia del Parco regionale Sirente Velino si contano 31 individui totali accertati; in salute anche la popolazione del Parco del Gran Sasso che ha una popolazione che si attesta oltre i 1000 esemplari.
Il camoscio più bello del mondo, come viene unanimemente definito dagli zoologi, il camoscio appenninico può essere considerato a pieno titolo un ambasciatore dei parchi italiani. Non solo rappresenta un caso di successo internazionale per le politiche di conservazione di una specie a rischio, ma la sua tutela è legata strettamente a quella del territorio in cui vive e alle politiche di istituzione delle aree protette. Insomma, se non ci fossero stati i Parchi dell’Appennino con tutta probabilità il camoscio non sarebbe sopravvissuto.
Il camoscio appenninico non va confuso con il più diffuso camoscio alpino che è proprio una specie diversa (Rupicapra rupicapra), ampiamente diffuso sull’arco alpino, che gode di un regime di protezione inferiore, maggiormente imparentato con i camosci nord-orientali, rispetto a quello appenninico che invece appartiene ai camosci sud-occidentali, che lo rendono più simile ai camosci presenti in Spagna.