Un’interessante sentenza della Corte di Cassazione sul reato di abbandono di animali
La vicenda ha riguardato una persona che, secondo quanto accertato, ha detenuto diciotto cani di varie razze in recinti chiusi con reti metalliche arrugginite, spuntoni pericolosi e superficie in terra battuta ricoperta da escrementi stratificati e impregnata dei liquidi degli animali. Gli animali vivevano, dunque, nella fanghiglia che si veniva a creare anche a causa degli agenti atmosferici (i recinti erano coperti da pannelli e fogli di lamiera precari e inadatti).
Sebbene gli animali fossero nutriti a sufficienza, la Corte di Cassazione, Sezione III Penale, con la sentenza n. 49791 depositata il 9.12.2019, ha ritenuto che tale condotta integri il reato di abbandono ex art. 727, comma 2, del codice penale “trattandosi di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di sofferenze”.
Non solo. La stessa pronuncia, così come già statuito nella sentenza di condanna, ha ribadito che, in un caso come questo, è da escludersi l’applicabilità dell’istituto della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis del codice penale. Sul punto, difatti, la Suprema Corte ha affermato che “adeguata è la motivazione sul diniego del proscioglimento per il fatto di particolare tenuità, poiché il Giudice ha valorizzato la circostanza della crudeltà nei confronti degli animali”.
La sentenza in questione è di rilevante importanza in quanto sottolinea l’elemento della crudeltà, così come ravvisato nella sentenza di condanna, ai fini dell’esclusione della particolare tenuità del fatto. D’altronde, in linea di principio, la norma di cui all’art. 727 del codice penale riconduce all’abbandono anche quei comportamenti colposi di incuria che, in quanto tali, offendono la sensibilità psicofisica degli animali. La norma, difatti, mira a tutelare gli animali in quanto autonomi esseri viventi e, quindi, in considerazione della loro natura.