Più del 90% degli uccelli migratori è protetto in maniera inadeguata a causa del cattivo coordinamento fra le misure di conservazione adottate nei vari Paesi del mondo. Questo spiega perché le popolazioni di uccelli migratori sono in declino nonostante gli sforzi globali per proteggerli. È la conclusione di una ricerca dell’Università del Queensland, in Australia, e del Centro di eccellenza per le decisioni ambientali, che ha esaminato come sono soddisfatte nelle aree protette le necessità delle 1451 specie di uccelli migratori nel mondo.
Nello studio, pubblicato sulla rivista Science, gli studiosi guidati dal docente di biologia dell’ateneo, Richard Fuller, hanno raccolto informazioni sui movimenti di tutte le specie di uccelli migratori in differenti tempi dell’anno e le hanno confrontate con mappe delle aree protette, come parchi nazionali, in differenti tipi di habitat, fra cui aree umide, tundra artica, deserti, savane e foreste. «Abbiamo concluso che più del 90% delle specie migratorie sono mal protette in una o più fasi del ciclo vitale», scrive Fuller. Particolarmente gravi le lacune in Cina, India e in parti dell’Africa e del Sudamerica.
«Le specie migratorie dipendono da una catena di habitat di buona qualità lungo l’intera rotta migratoria. Se tappe di quella rotta non sono ben protette, alcune specie non possono completare il proprio ciclo di vita», aggiunge Fuller, ricordando che la migrazione consente agli uccelli di trovare il miglior cibo stagionale nei luoghi di riproduzione, e luoghi per ricaricare energie per il viaggio. «Spesso gli uccelli più giovani mangiano solo certi tipi di cibi e i genitori debbono trovarsi in luoghi particolari e nel tempo giusto per trovare quel cibo». Lo studio indica che solo il 3% delle specie migratorie minacciate, quelle sull’orlo dell’estinzione, ha un habitat adeguatamente protetto. A paragone, è protetto il 45% degli uccelli non migratori. Molti studi hanno osservato che gli uccelli migratori sono in rapido declino, in alcuni casi più rapido delle specie residenti. «La nostra ricerca suggerisce che questo è dovuto alla mancanza di uno sforzo coordinato di conservazione», scrive ancora il biologo, sottolineando l’importanza che un maggior numero di paesi firmi la Convenzione sulla conservazione delle specie migratorie.